
La CTA La Rinascita si pone come mediazione istituzionale fra realtà sociale e paziente, come luogo o momento di passaggio nel percorso programmato per il reinserimento nella comunità sociale, luogo in cui vengono messi a disposizione spazio, tempo e risorse. La sua ragion d’essere è quella di garantire una risposta efficiente ed adeguata a chi ne ha bisogno ed ai suoi familiari, nel rispetto della libera scelta del luogo di cura.
Seppure, nell’accezione generale, la “riabilitazione” consista nell’attuazione di tutte quelle misure che consentono al paziente di recuperare le capacità perdute, di sviluppare le sue potenzialità, di acquisire comportamenti socialmente condivisi, di elaborare e riorganizzare la propria esistenza, affinché possa muoversi in modo adeguato ed efficace nel suo spazio sociale (Spivak, 1988), realisticamente – nello specifico delle attività che si svolgono – riabilitazione è condivisione della quotidianità della vita per acquisire competenze relazionali, abilità orientate a riabitare il territorio, il fuori, la Polis intesa come insieme di luoghi, gruppi e situazioni in cui poter sperimentare opportunità di scambio di beni affettivi e di beni materiali e immateriali.
Il principale obiettivo, quindi, è quello di garantire, attraverso interventi medici, psicologici, pedagogici, sociali integrati che la persona con una disagio psichico, che si trovi in condizione di svantaggio psico-sociale, possa fare il miglior uso delle sue abilità fisiche, emotive, sociali e intellettuali per vivere, apprendere e lavorare nella Comunità e nella Polis con il minimo sostegno possibile da parte dei rappresentanti delle professioni di aiuto. Vivere la Polis ha in ogni caso a che fare con la (ri)acquisizione dei diritti civili e di cittadinanza della persona. Non esistono processi di cura senza processi di inclusione sociale (Saraceno B., 2000). Lo spirito che sottende ed anima l’approccio riabilitativo in Comunità è quello di ritenere che la disabilità o il disagio psichico di alcuni possano divenire fattori che promuovano la crescita umana di tutti, e che la sofferenza e il disagio possano divenire mezzi attraverso i quali i singoli e la comunità migliorino il loro grado di competenza culturale ed affettiva (La Barbera D., 2002).